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La copertina del libro |
Pensi a una pubblicità ben fatta, ma di quelle un po'
strane, in cui non c'è un prodotto da propagandare, ma un atteggiamento da
valorizzare o un comportamento da evitare perché è cattivo. Pensi a questo e ti
vengono in mente subito due parole è un logo: «Pubblicità Progresso», con la
sua «P» racchiusa in un ovale, un po’ come quegli adesivi che un tempo si
attaccavano alle auto per indicare la nazionalità e passare tranquillamente la
frontiera. Da un certo punto di vista è andata proprio così: è stata Pubblicità
Progresso a creare in Italia, 41 anni fa, un modo del tutto nuovo di fare
promozione, utilizzando gli strumenti della comunicazione a fini sociali e
acquisendo nel tempo i tratti di un fenomeno pressoché unico e ben
riconoscibile nel mondo della pubblicità.
A raccontare quella storia, decisamente particolare e in
gran parte sconosciuta, provvede oggi un libro, edito da Rai Eri, intitolato
semplicemente Pubblicità Progresso. La
comunicazione sociale in Italia. Si tratta di una narrazione a più voci
(compresa quella del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha
firmato la prefazione), fatta di ricordi, analisi, dati e diverse immagini,
elementi che tutti insieme permettono di costruire l'immagine completa di una
presenza fondamentale del mondo della comunicazione, anche se non abbastanza
conosciuta dal grande pubblico: a
parte gli addetti ai lavori, tuttavia, pochi sanno cosa sia effettivamente
quella realtà e come operi.
A fondare nel 1970 il «comitato Pubblicità Progresso»
furono la Fieg (la federazione degli editori), l’Upa (che riunisce le più
importanti aziende che investono in pubblicità), l’Otipi (in cui erano riunite
le agenzie pubblicitarie) e la Sipra (la concessionaria di pubblicità della Rai):
tutti questi soggetti scelsero come obiettivo la promozione di campagne sociali
di pubblica utilità, per diffondere buone pratiche e valori importanti, in un
momento in cui la pubblicità era accusata di essere il primo colpevole del
consumismo, dei mali e delle ansie che percorrevano la società (e pensare che
allora era ancora il tempo di Carosello, un altro mondo rispetto agli spot di oggi). Erano dunque gli stessi
attori del mondo della pubblicità (editori, inserzionisti, creativi) che cercavano
di utilizzare gli strumenti loro abituali per fini non commerciali, che
permettessero di scoprire una nuova strada per le campagne promozionali e, allo
stesso tempo, rendessero l'intera pubblicità più accettabile agli occhi dei
consumatori finali e della società.
Con il tempo a Pubblicità Progresso (divenuta
un'associazione nel 1976 e una fondazione nel 2005) ha aderito un numero sempre
maggiore di realtà e le attività portate avanti da questo soggetto sono state
sempre attente ai cambiamenti della società, per cui la scelta delle campagne e
delle iniziative da portare avanti era condotta con la massima cura. Il libro
cerca di dare conto di tutto questo, con una breve ma esaustiva introduzione di
Giovanna Gadotti (sociologa della comunicazione), un'analisi approfondita e non
banale sui cambiamenti registrati dalla società italiana e dalla pubblicità
negli ultimi quarant'anni (ad opera di Paolo Anselmi e Giuseppe Minoia, rispettivamente
vicepresidente e presidente onorario dell’Eurisko) e un contributo di Alberto
Contri (attuale presidente di Pubblicità Progresso) incentrato sulla comunicazione
sociale e sul suo rapporto con la tecnologia. C'è poi una parte incentrata
sulle attività della fondazione Pubblicità Progresso e sulle "parole
chiave" della sua azione; una cronologia dà conto anno per anno delle
iniziative del soggetto, accanto a un inquadramento più generale di ciò che è
accaduto nel "terzo settore" (ossia in tutti quegli enti formalmente
privati, ma volti a produrre
beni e servizi destinati alla collettività).


Sono invece tanti gli spot e le campagne contenute nel
libro – consultabili anche nella mediateca della fondazione, nel sito www.pubblicitaprogresso.it e, di
nuovo, su YouTube – che hanno lasciato più di un segno in tutti coloro che le
hanno viste (da «C'è bisogno di sangue. Ora lo sai.» a «Chi fuma avvelena anche
te. Digli di smettere.», fino a «No al razzismo. Sì alla tolleranza.» e al più
recente «E allora?», contro i pregiudizi verso i disabili, con la
partecipazione di Lucio Dalla). Sfogliando il volume, in sostanza, si
ripercorrono quarant'anni di storia italiana con gli occhi di chi ha visto i
problemi della società e ha cercato di denunciarli a modo suo, usando gli
strumenti del proprio mestiere: un punto di osservazione decisamente singolare.
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