giovedì 1 marzo 2012

Il mare di Lucio


Lucio Dalla a Sanremo
La mia strada e quella di Lucio Dalla si sono sfiorate una volta soltanto, e nemmeno da troppo vicino. Era il 9 settembre del 1997 (giusto un anno dopo l'altro Lucio – ovviamente Battisti, proprio quello che era nato il giorno dopo Dalla – ci avrebbe salutato per sempre) e io, con mia madre e alcuni amici, andai al suo concerto a Festa Reggio: l'arena era al campovolo, il luogo che era stato il tempio delle feste dell'Unità e che una decina di giorni dopo avrebbe ospitato addirittura gli U2 (altro che Vasco o Ligabue, con rispetto parlando).

Giusto un anno prima Lucio aveva pubblicato un bel disco, intitolato semplicemente Canzoni (per capirci, quello di Tu non mi basti mai, Ayrton e di Canzone, scritta con Samuele Bersani) e la speranza di sentire qualcosa di bello c'era tutta, anche per un ragazzo che allora aveva 14 anni. La serata, a dire il vero, non fu memorabile: troppo spazio alle percussioni del pur bravo Giovanni Imparato (che dominavano persino in un brano come Piazza Grande), meno di 20 canzoni in scaletta, con qualcuna di troppo (Ballando ballando e Domani) e qualche assenza che si faceva sentire (La sera dei miracoli, L'ultima luna, Stella di mare). Quella sera Dalla arrivò in bicicletta sul palco, ma non ebbe molti altri guizzi e fu un vero peccato.
Ammetto di essere stato un fan piuttosto anomalo di Lucio. Ho amato la sua opera decisamente a tratti, adorando in maniera assoluta almeno tre dischi (Storie di casa mia, Lucio Dalla e, appunto, Canzoni) e ignorando quasi l'esistenza di tanti altri, se non per qualche brano particolarmente noto. Quei tre, a dire il vero, mi bastavano: 4/3/1943, Cosa sarà, La casa in riva al mare, Milano, Tu non mi basti mai, Il gigante e la bambina, L’anno che verrà, Prendimi così, Anna e Marco, Ayrton e soprattutto Itaca (finita persino nella mia mappa concettuale della maturità) entrano a pieno diritto nella lista dei brani cui non rinuncerei. Non per questo non ho amato altre canzoni, dall'umanità di Se io fossi un angelo alla storia di cruda bellezza di Futura, fino alla commozione facile (ma non scontata) di Caruso.
Eppure, se c'è qualcosa di cui sono stranamente grato a Lucio Dalla, è il modo in cui lui, uomo nato di terra, ha saputo descrivere il mare. Davvero indimenticabile il mare di Lucio. Quello profondo, che altri stanno uccidendo. Quello che vedeva dalle Tremiti con la Pallottino quando scrisse Gesù bambino. Quello del detenuto che aveva occhi soprattutto per la "sua" Maria. Quello che continuava il suo colore negli occhi della ragazza che prendeva lezioni dal Tenore. Ma anche quello del Capitano spregiudicato e dei suoi marinai e rematori che, in fondo, sarebbero pronti a ripartire «se ci fosse ancora mondo». Quello che si vede anche da Napoli, in quel brano che aveva scritto per i New Trolls e quasi nessuno si ricorda... Quel mare che oggi, sicuramente, starà piangendo di nascosto, mescolando le lacrime alle sue gocce.

2 commenti:

  1. "Commossa dalle tue parole. Io, bolognese, ho un ricordo di Dalla che va oltre l'ascolto dei suoi brani. Eppure ogni persona nata all'ombra delle due torri può affermare quanto ogni sua melodia abbia coinciso con la colonna sonora di ogni vita di questa città. Lui era "nostro" più che degli altri italiani ma di tutti gli italiani in quanto bolognese. Questo perchè, emiliano generoso, ha saputo lasciare un pezzetto di sè ovunque. Sono cresciuta incontrandolo spesso nel centro di Bologna e forse per questo non mi sono mai persa... "

    Francesca

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  2. Bravo Gabri, mi è piaciuto molto questo tuo personale saluto al buon Lucio!

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